QUANDO IL COLESTEROLO ALTO DIVENTA PERICOLOSO?

Il colesterolo alto è uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza delle malattie cardiovascolari.

Il colesterolo è una sostanza grassa normalmente presente nel sangue, che ha diverse importanti funzioni. In primo luogo, è un componente delle membrane cellulari ed è indispensabile per la loro integrità. Poi è necessario per la sintesi di diversi ormoni -dal cortisolo al testosterone e agli estrogeni- e partecipa al metabolismo cellulare.

È così importante che l’organismo, oltre a produrlo da sé, è predisposto per ricavarlo dai cibi che ingeriamo: di fatto il 70% del colesterolo nel sangue lo produciamo noi stessi e il 30% viene dalla dieta. La sua assunzione con gli alimenti e la sua sintesi nel fegato non sono, però, indipendenti: normalmente la sintesi aumenta quando l’apporto alimentare è ridotto e diminuisce, senza interrompersi, quando il cibo ne è ricco. Il problema nasce quando i livelli di colesterolo diventano troppo alti, nella maggior parte dei casi come conseguenza di una dieta non equilibrata, ma a volte a causa di una variante genetica ereditata (ipercolesterolemia familiare) che induce l’organismo a produrlo in eccesso.

Quando si superano i livelli di guardia il colesterolo inizia a depositarsi sulle pareti dei vasi sanguigni, provocandone l’ispessimento e l’irrigidimento, un processo chiamato aterosclerosi. A lungo andare i depositi diventano vere proprie placche che restringono il vaso, ostacolando o addirittura bloccando il flusso sanguigno, con il rischio di drammatici eventi cardiocircolatori, come infarto oppure ictus.

Quando è pericoloso

Ma come facciamo a sapere se abbiamo superato il livello di guardia? Dato che il colesterolo alto non provoca di per sé alcun sintomo, c’è soltanto un modo: fare gli esami del sangue, che devono essere tanto più frequenti quanto l’età aumenta.

Il primo campanello d’allarme ce lo danno i valori del colesterolo totale, che non dovrebbero mai superare i 200 mg/dl; tra 200 e 239 si parla di colesterolo moderatamente alto, una condizione in cui si trova il 37% dei maschi e il 34% delle donne. Al di sopra dei 240 mg/dl si parla, infine, di colesterolo alto.

Per avere una stima migliore del rischio di incorrere in complicazioni cardiovascolari, bisogna, però, guardare anche alla composizione di quel valore totale. Nel sangue, infatti, il colesterolo può essere legato a due differenti tipi di proteine, che danno origine rispettivamente al “colesterolo cattivo” (LDL), correlato con un rischio maggiore di sviluppare patologie cardiovascolari, e al “colesterolo buono” (HDL). Il primo, LDL, dovrebbe restare al di sotto dei 130 mg/dl (valore ottimale è 100) e il secondo, HDL, sopra i 39 nell’uomo e sopra i 45 nella donna.

La strategia migliore per evitare di incappare nei problemi legati a un eccesso di colesterolo è cercare di evitare che i valori si alzino, cosa possibile perché nell’insorgenza dell’ipercolesterolemia gli stili di vita hanno in genere un ruolo di grande rilievo. Ovviamente, bisogna a maggior ragione attenersi a sane abitudini alimentari quando il fatidico livello di 200 è già stato superato.

Che fare?

Il consiglio più facile da seguire è quello di evitare una vita sedentaria: non occorre diventare dei grandi sportivi se non è nella propria indole, basta fare regolarmente una passeggiata a buon passo. È più utile una mezz’oretta di moto tutti i giorni che due ore di palestra nel solo weekend, per passare poi il resto della settimana inchiodati al divano.

Altrettanto importante, se non di più, è la dieta: pur concorrendo soltanto in parte al colesterolo in circolo, gli alimenti possono far crescere i suoi livelli quel tanto che ci danneggia. In compenso altri alimenti possono, viceversa, aiutare anche a diminuirne i livelli. Ci sono, infatti, cibi particolarmente ricchi di colesterolo, come uova, aragoste, gamberi, calamari, ostriche, seppie, uova di pesce (bottarga, caviale e simili).

Bisogna, quindi, fare attenzione alla composizione degli alimenti che acquistiamo, in particolare ai grassi saturi, presenti soprattutto negli alimenti di origine animale, come le carni rosse e ancor più i salumi e i formaggi, ma anche nei fritti, in molti cibi lavorati e nei dolci.

Per i condimenti è sempre bene preferire gli oli vegetali -in primis l’olio di oliva- che contengono acidi grassi mono e polinsaturi, che aiutano a mantenere bassa la colesterolemia. Per quanto riguarda le margarine va fatta un’importante distinzione: sono salutari solamente quelle prive dei cosiddetti acidi grassi idrogenati o “trans”, sostanze che si formano in alcuni processi di lavorazione per dare consistenza solida agli oli vegetali. I grassi idrogenati si comportano, infatti, né più né meno come quelli saturi. Va, inoltre, ricordato che non tutti i grassi vegetali sono buoni, per esempio il burro di cacao è molto ricco di grassi saturi.

Via libera, invece, al pesce, che ha un elevato livello di acidi grassi buoni (i famosi omega-3) che aiutano a migliorare i livelli di colesterolo HDL. Oltre agli omega-3, esistono altre sostanze naturali che aiutano a mantenere i livelli di colesterolo entro valori normali, per esempio le fitostatine, come la monacolina K, che si trova in commercio anche sotto forma di integratore alimentare estratto dal riso rosso fermentato e che può essere assunta dopo aver chiesto consiglio al medico o al farmacista.

Anche l’assunzione di vegetali e frutta fresca è utile, perché l’abbondanza di fibre che le caratterizza permette di rallentare e ridurre l’assorbimento intestinale dei grassi.

In linea generale, è sempre importante avere una dieta equilibrata e fare attenzione, in particolare, a evitare il sovrappeso che, insieme all’obesità, è un fattore predisponente allo sviluppo dell’ipercolesterolemia.

Il “buono” e il “cattivo”

Qual è la differenza tra il cosiddetto colesterolo cattivo (LDL) e quello buono (HDL)? Quale che sia la sua origine, per svolgere le sue funzioni naturali, il colesterolo deve essere distribuito alle cellule e ai diversi organi. Di questo si incaricano delle proteine che, una volta legate al colesterolo, prendono il nome di lipoproteine. Quelle a bassa densità o LDL (Low Density Lipoprotein) trasportano il colesterolo dal fegato al sangue, dove lo rilasciano. Se i livelli di LDL sono bassi, tutto il colesterolo liberato viene via via assorbito dalle cellule che ne hanno bisogno e non provoca danni. Ma se è troppo, si deposita sulle pareti dei vasi e questo deposito è tanto più facile se ci sono già delle lesioni alle pareti vascolari, come quelle causate dal fumo o dal diabete.

Le lipoproteine ad alta densità o HDL (High Density Lipoprotein) seguono, invece, il percorso inverso: prelevano il colesterolo dal sangue e lo legano ai sali biliari, utili alla digestione, permettendone l’eliminazione dall’intestino. Ecco perché viene definito “buono”.

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