REAZIONI PERICOLOSE

Si definiscono “reazioni avverse al cibo” e provocano sintomi come disturbi gastrointestinali, talvolta accompagnati da cefalee o malesseri di varia tipologia.

Si definiscono “reazioni avverse al cibo” e provocano sintomi come disturbi gastrointestinali, talvolta accompagnati da cefalee o malesseri di varia tipologia. Ma allergie e intolleranze alimentari sono in realtà disturbi molto diversi, con alla base differenti meccanismi.

Il tema delle intolleranze alimentari è molto attuale, al punto da essere considerato quasi una “moda”. Tuttavia già nell’antichità si sapeva che alcuni alimenti producono effetti opposti nelle persone. “Quello che per un individuo è un cibo, può essere veleno per un altro” queste le parole di Lucrezio, che risalgono a oltre duemila anni fa. Lo stesso Ippocrate aveva già osservato come ingerire latte di mucca potesse provocare, in determinati soggetti, problemi gastrici ma anche cefalea o forme di orticaria. Oggi sappiamo che il nostro organismo ha diversi modi per manifestare la sua reazione nei confronti di una sostanza che considera nociva. Le reazioni avverse al cibo possono essere identificate come intolleranze quando non sono mediate da meccanismi immunologici, mentre si tratta di vere e proprie allergie nel momento in cui si ha una reazione del sistema immunitario nei confronti di un alimento o di un suo componente. Entrambe appartengono alla categoria delle reazioni non tossiche, dovute cioè a una sensibilità individuale e non a caratteristiche assolute dell’alimento (diverse, perciò, dalle intossicazioni alimentari).

ALLERGIE ALIMENTARI

Il Ministero della Salute definisce allergia alimentare la reazione immunitaria conseguente al consumo di uno specifico alimento (o di una o più sostanze contenute in esso). Tale reazione si verifica al primo contatto attraverso la formazione di anticorpi specifici, chiamati IgE, che hanno il compito di difendere l’organismo da ciò che viene classificato estraneo, proprio come accade con batteri e virus. In caso di successiva esposizione, si libera una sostanza, l’istamina, responsabile dei sintomi caratteristici di tutte le reazioni allergiche. Le allergie alimentari possono manifestarsi in maniera piuttosto violenta, non appena si ingerisce il cibo incriminato. I sintomi vanno dal prurito al gonfiore di labbrapalato e gola. Una volta che l’alimento arriva nello stomaco e nell’intestino possono inoltre sopraggiungere nauseavomitocrampi, gonfiori addominali, aria nella pancia e diarrea. Frequenti anche le reazioni cutanee: orticaria, angioedema o eczemi, sintomi respiratori (asma e rinite), oppure cefalea ed emicrania. Nei casi più gravi, ma anche più rari, si possono avere gravi difficoltà respiratorie e cadute brusche di pressione arteriosa, fino alla perdita di coscienza e in alcuni casi perfino alla morte. Siamo qui in presenza dello shock anafilattico, che compare entro un’ora dall’ingestione dell’allergene e che richiede sempre un ricovero urgente in ospedale.

INTOLLERANZE ALIMENTARI

Le intolleranze alimentari, invece, possono avere sintomi più silenti e che si manifestano nel lungo periodo, anche a distanza di tempo. Si tratta di reazioni indesiderate dell’organismo scatenate dall’ingestione di uno o più alimenti oppure da disfunzioni o disturbi a carico dell’apparato digerente (si parla, in questo caso, di intolleranze enzimatiche). Queste manifestazioni sono dose-dipendenti, cioè legate alla quantità dell’alimento ingerito, ma non vengono mediate da meccanismi immunologici, anche se alcuni sintomi possono a volte somigliare a quelli delle allergie alimentari. Le intolleranze enzimatiche sono causate dall’incapacità - o congenita o acquisita nel tempo- dell’organismo di metabolizzare alcune sostanze presenti nei cibi. Le intolleranze alimentari su base enzimatica sono numerose e comprendono un gran numero di condizioni che riguardano il metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi.

LE PIÙ COMUNI

L’intolleranza al lattosio è legata alla mancanza o alla scarsa efficienza di un enzima, la lattasi, che scinde il lattosio (uno zucchero complesso che non è assorbito dall’intestino) in due zuccheri semplici e più facilmente digeribili: glucosio e galattosio. I sintomi, la cui intensità dipende dalla quantità di latte o derivati ingerita, sono soprattutto di natura gastrointestinale: diarrea, flatulenze, tensione addominale e gonfiore addominale. A questi se ne possono aggiungere altri: dolori articolari e muscolari, sonnolenza, vertigini, ulcere della bocca, acne, prurito, riniti, mal di gola, emicrania. L’intolleranza al lattosio può essere individuata con un test del respiro (chiamato Breath test) o con un test genetico. Anche il glutine - componente proteica del frumento presente anche in alcuni cereali come farro, orzo e segale - è sempre più spesso sul banco degli imputati nelle reazioni alimentari. Alla forma più conosciuta di intolleranza al glutine, la celiachia (una vera e propria malattia, in costante aumento nel mondo occidentale, caratterizzata da un’infiammazione cronica dell’intestino tenue a seguito del consumo di glutine in persone geneticamente predisposte), si affiancano altre tipologie di “gluten sensitivity” cioè una "sensibilità soggettiva" al glutine anche in chi ha già potuto escludere la celiachia con esami specifici. Pure in questo caso i sintomi in gioco risultano abbastanza generici: irritazione intestinale, mal di testa, nausea, stanchezza, dolori muscolari e altre problematiche per cui è consigliabile rivolgersi al medico per evitare un’errata autodiagnosi, o ancora per evitare l’adozione di regimi alimentari gluten-free fai da te, non sempre indicati e salutari per chi non sia affetto da celiachia vera e propria.

NELL’ADULTO E NEL BAMBINO

Le reazioni avverse al cibo, sia che si tratti di allergie sia di intolleranze, sono più frequenti nei bambini rispetto agli adulti, anche se differenze nei criteri diagnostici, le variazioni individuali nella tolleranza dei sintomi e differenze nelle valutazioni da parte dei genitori rendono molto difficile una stima effettiva. Risulta fondamentale, oltre all’occhio vigile della mamma quando si introducono nuovi alimenti con lo svezzamento (specie in caso di familiarità), anche il ruolo del pediatra, che valuterà la situazione ricorrendo prima all’esclusione dalla dieta degli alimenti sospetti, per poi prescrivere in seconda battuta degli specifici test diagnostici.

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