UNA QUESTIONE DI ENZIMI

L’intolleranza al lattosio (dovuta all’assenza o alla ridotta funzionalità di un enzima che scinde il lattosio, uno zucchero complesso, in zuccheri più semplici) riguarda, in forme più o meno lievi, circa la metà della popolazione.

I sintomi sono piuttosto generici, ma può essere scoperta con certezza grazie ad appositi test.

Questo tipo di intolleranza va distinta dall’allergia: infatti l’allergia è una reazione del sistema immunitario a sostanze innocue, dette appunto allergeni, che l’organismo scambia per pericolose. Quest’ultima è provocata da quantità anche minime di allergene (in genere proteine), e l’intensità dei sintomi -che possono arrivare fino allo shock anafilattico- dipende innanzitutto dalla sensibilità del soggetto a quella determinata sostanza. L’intolleranza al lattosio è invece legata alla mancanza o alla scarsa efficienza di un enzima, la lattasi, che scinde il lattosio in due zuccheri più semplici da digerire: glucosio e galattosio. Inoltre, come per tutte le intolleranze, l’intensità dei sintomi dipende dalla quantità di lattosio ingerita, il che lo rende un disturbo dose-dipendente. Inoltre, questa problematica è legata alle caratteristiche etniche, essendo più diffuso in sud America, Africa, Asia e in particolar modo in Estremo Oriente. Il lattosio che resta nell’intestino richiama acqua, provocando la diarrea e, una volta fermentato dai batteri intestinali, sviluppa gas causando anche tensione addominale, flatulenze e senso di gonfiore. A volte, dopo la diarrea, può sopravvenire la stitichezza, a causa dell’accumulo di gas che riduce il movimento intestinale. Non è raro inoltre che ai sintomi gastrointestinali se ne aggiungano altri -dolori articolari e muscolari, sonnolenza, vertigini, ulcere della bocca, acne, prurito, riniti, mal di gola- attribuibili alle sostanze tossiche prodotte dai batteri intestinali che si sono nutriti del lattosio.

I TEST PER INDIVIDUARLA

Presi uno a uno, questi sintomi possono apparire generici, specie se si ha un’intolleranza lieve, il che rende ancora più difficile l’individuazione della causa. Oggi, però, esistono due test che permettono di scoprire rapidamente questo disturbo. Il primo è il Breath test: il paziente deve soffiare nel boccaglio di un’apparecchiatura dopo aver ingerito un po’ di lattosio. Lo strumento misura l’idrogeno nell’aria espirata, che, in assenza di lattasi, è superiore al normale. Il test richiede solo di seguire una dieta specifica il giorno precedente, e dà immediatamente una risposta certa. Tuttavia non dice quale sia l’origine dell’intolleranza, che può essere scoperta solo grazie al secondo test, ovvero quello genetico. Questo disturbo può, infatti, essere genetico (intolleranza primaria) oppure secondario a un’altra patologia (per esempio, gastroenterite o celiachia) che, danneggiando i villi intestinali, ha ridotto la lattasi presente. Si tratta di due condizioni diverse: se è secondaria ed è possibile curare la patologia di base, l’intolleranza passa. Non accade così invece se l’intolleranza è di tipo primario.

L’unico modo per eliminare i sintomi dell’intolleranza al lattosio è escludere dalla dieta gli alimenti che lo contengono; temporaneamente se l’intolleranza è secondaria, in maniera permanente se è primaria. Vanno esclusi dalle proprie ricette latte, formaggi freschi, burro, gelati, cioccolato, ma anche molti altri alimenti, dato che il lattosio è spesso usato come conservante e addensante (come negli insaccati). Bisogna, dunque, leggere l’etichetta delle confezioni, specie se si tratta di prodotti in scatola. In compenso i formaggi stagionati a pasta dura (come il parmigiano, il grana e il pecorino) sono privi di lattosio, che scompare durante la stagionatura. Se si escludono completamente i latticini bisogna fare attenzione però al rischio di carenza di calcio, da ovviare con altri alimenti o integratori. Poiché molti farmaci possono contenere minime quantità di lattosio come eccipiente, solo in caso di intolleranze molto severe è bene consultare il medico per valutare l’effettiva necessità della terapia commisurata al rischio di disturbi a causa dell’intolleranza.

IN TENERA ETA’

Normalmente, alla nascita tutti i bambini producono la lattasi, la cui attività, tuttavia, dopo i primi mesi di vita decresce. Essa, però, non cessa del tutto, a meno che i geni ereditati dai genitori (uno dalla madre e uno dal padre) non presentino entrambi una o due varianti specifiche. In tal caso si ha una produzione ridotta di lattasi (una sola variante) o una sua totale assenza (due varianti), e si manifesta l’intolleranza. Basta, cioè, avere ereditato un gene “buono” per non avere problemi con il latte e suoi derivati. Esiste anche una terza forma di intolleranza congenita, dovuta a una mutazione genetica, che causa la totale assenza di lattasi già alla nascita, provocando la diarrea nel neonato non appena viene nutrito con latte materno o formulato. Fortunatamente, però, questa condizione è estremamente rara.

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